Mer 18 Dicembre, 2024

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Godless, il West è delle donne – Recensione

Godless, il western in cui le donne sono le vere protagoniste

Quasi in sordina, Godless è spuntata nel catalogo di Netflix, a ridosso del più atteso Punisher. Il canale di streaming negli scorsi giorni ha reso disponibile per i propri abbonati questo racconto western in sette episodi, uno spaccato di una città sperduta nel vasto ovest americano di fine ottocento con una piccola particolarità: è governata dalle donne. A firmare Godless sono nomi di una certa importanza, come Scott Frank e Steve Sodebergh, che sembrano risentite dell’influenza di pellicole del genere, come Gli spietati, ma riescono a dare alla loro visione una dimensione diversa, più cruda se vogliamo.

La storia vede Frank Griffin (Jeff Daniels), fuorilegge sanguinario, accanirsi nella caccia di un suo protegè, Roy Goode (Jack O’Connell), che ha deciso di tradirlo, preferendo una strada meno sanguinaria. Durante un colpo ad un treno, Goode ferisce gravemente Griffin, che, perso un braccio, vive solo per la sua sanguinaria, spietata vendetta. Questa caccia all’uomo si incrocia con la vita della cittadina di La Belle, avamposto minerario in cui vivono ormai solo donne. La maggior parte sono le vedove dei minatori, periti in un tragico incidente, lasciando il gentil sesso a governare questa città assieme allo sceriffo Bill McNue (Scoot McNary).

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Come trama, Godless sembra mantenere una certa linearità con il genere di appartenenza, quel western spietato che ha saputo offrire agli spettatori pietre miliari del cinema. La sua originalità è nel come viene rappresentato questo spaccato di America selvaggia di fine ‘800. L’accento è sul ruolo delle donne, la vera forza di questo serial. Solitamente siamo abituati ad immaginare la donna come sottomessa nella vita del west, vista come donna di casa o prostituta da saloon, ma Godless vuole ribaltare questo concetto, mostrandoci la tenacia femminile nel cercare di sopravvivere in un ambiente così duro.

A guidare questa rivoluzione dei sessi sono due protagoniste, Alice e Mary Agnes. La prima è una sopravvissuta, come scopriremo nel corso degli episodi, temprata da una vita difficile e abituata a lottare, senza tregua. Mary Agnes è costretta ad essere forte, dovendo fare le veci del fratello Bill, sceriffo privo di carisma e rispetto in una cittadina in cui nessuno ormai crede in lui. Gli sceneggiatori di Godless hanno avuto la delicatezza di non forzare questo aspetto di ribaltamento dei fronti, ma lo hanno reso in modo naturale. Non si ragiona per assiomi, non tutte le donne sono forti, alcune sentono il peso di una solitudine che le spinge ad accettare compromessi che possono mettere in pericolo il delicato equilibrio di La Belle.

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Queste scelte consentono di valorizzare maggiormente i personaggi chiave della vicenda, coraggiose al punto di andare contro il comune pensiero. La costruzione dei personaggi di Godless è una lenta progressione di eventi, con flashback che arricchiscono quanto raccontato, offrendo una motivazione ai caratteri dei diversi attori di questa storia spietata. Per esaltare il ruolo femminile, non vengono sminuti gli uomini, ma anzi sono maggiormente approfonditi e, curiosamente, resi incredibilmente affascinanti.

Jeff Daniels rende il suo Griffin incredibilmente magnetico, un fuorilegge da manuale arricchito da un passato tragico che ne dovrebbe motivare le scelte, dandogli una visione della vita peculiare. Siamo al cospetto di un villain d’alta classe, pianificatore, a tratti quasi incomprensibile nelle sue scelte, capace di atti di inaudita ferocia e improvvisamente di mostrare pietà per una comunità prossima alla morte. Grande cura è stata posta nel trasformare Griffin in una sorta di predicatore oscuro, con citazioni alle sacre scritture e a grandi classici, rendendolo più simile al capo di una setta, composta dai suoi uomini, che considera una famiglia.

Diversamente affascinante è Bill McNue. Mc Nary deve infondere al suo personaggio l’aura dell’eroe decaduto, spetto dell’uomo che è stato. L’infamia èè ormai il tratto tipico della sua figura, una condanna che si accompagna alla progressiva perdita della vista che assume il tono di una ironica derisione per un uomo di legge. Unico uomo con un ruolo di potere in una città completamente gestita da donne, il suo spirito è ormai soffocato, sconfitto, almeno fino alla possibilità di un’ultima occasione per meritare quella stelletta sul cuore.

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Godless, come molti serial ultimamente, non ha un ritmo rapido nella narrazione, si prende tutto il tempo necessario per mostrare agli spettatori quanto più possibile dei protagonisti di questo incrocio di destini. Ma questo è uno dei suoi punti a favore. Data la complessità della storia e la ricchezza di elementi in gioco, questa calma con cui veniamo attratti nella vicenda è un buon compromesso, ci vengono mostrate tutte le diverse componente dell’anima dei protagonisti, senza ipocrisie e con tutta la durezza dell’ambiente in cui si muovono Griffin e McNue. L’evoluzione dei rapporti tra i personaggi, la ricostruzione del passato che lega Griffin e Goode sono momenti emozionanti, perfettamente cadenzati e che toccano le giuste corde.

Difficile trovare un episodio di Godless in cui non ci siano una scena capace di travolgere emotivamente lo spettatore. Ha staccato la testa al serpente è forse l’episodio centrale del serial, la chiave di volta per capire l’ossessiva vendetta di Griffin nei confronti di Goode, mostrando un lato inatteso del fuorilegge, una visione che dona al personaggio una profondità impressionante.

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Stilisticamente, Godless è una gioia visiva. Il tono da produzione adl altro budget è evidente fin dalle primissime scene, costruite in modo da inquietare lo spettatore, con un crescendo emotivo che fin da subito vuole chiarire che quello che ci aspetta nella serie. Paesaggi, scenografie e inquadrature sono superbe, studiate in ogni dettaglio per la massima resa emotiva, con colori che si sposano alla perfezione con il contesto narrativo. Suggestiva la scelta di mostrare i ricordi nei flashback con una tonalità di grigi, opaca, a contrastare la ricchezza di sfumature del presente.

Menzione d’onore per Sam Waterston, che nel tempo in cui il suo Marshall Joh Cook rimane in gioco riesce a dare un’interpretazione sontuosa. Waterston è protagonista della scena iniziale di Godless, riesce con la sua recitazione a trasmettere tutto l’orrore e la rabbia dell’assistare ad una simile mattanza. John cook è il classico uomo del west, uno scerifffo fatto e finito. Personaggio classico ma recitazione ineccepibile e di forte impatto.

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Godless è un serial appassionante e coinvolgente, grazie ad una sinergia tra storia e recitazione che mostra tutto il fascino e la crudeltà di un’ambientazione unica come il selvaggio West.

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