È un “unlike” spaventoso quello che ha colpito Facebook ieri, quando l’azienda statunitense fondata da Mark Zuckerberg ha visto crollare il valore delle sue azioni del 19% portandole a 176,26 dollari ognuna.
Il crollo di Facebook a Wall Street è stata la perdita più grande in borsa in un solo giorno di tutta la storia
Il Nasdaq, il mercato borsistico elettronico USA, un tonfo così non lo aveva mai visto, dato che il crollo di Facebook rappresenta la perdita più grande in borsa fatta registrare in un solo giorno.
Il colosso di Menlo Park ha “bruciato” circa 120 miliardi di dollari (questa la riduzione della propria capitalizzazione), con Il valore di mercato della società che ha avuto questa paurosa flessione a causa del grande scetticismo tra analisti e investitori, in parte dovuto all’annuncio di un rallentamento dei ricavi (i dati dell’ultima preoccupante trimestrale di cassa sono stati diffusi mercoledì), ma anche in seguito ai problemi legati alla privacy scatenati dal caso Cambridge Analytica.
Lo scandalo e altri problemi pregressi, uniti al mancato raggiungimento di alcuni obiettivi di crescita (globalmente gli utenti aumentano ma sono diminuiti in Europa e America del Nord) hanno perciò portato al crollo in borsa, disfatta che non è certo la prima per un’azienda IT ma che, con queste proporzioni, non aveva colpito nemmeno quelle aziende come Intel, Microsoft e Apple che subirono le conseguenze dello scoppio della bolla finanziaria della cosiddetta “new economy” nel 2000.
La notizia dell’ultim’ora è che anche Twitter è crollata in borsa, con il titolo della società fondata da Jack Dorsey che ha perso il 14% a Wall Street, calo sempre legato alla diminuzione degli utenti dovuta anche alla recente “pulizia” dei falsi account.
I problemi di Facebook e Twitter, a cui fanno seguito ingenti perdite sul fronte economico, mettono in luce la fragilità di queste aziende di fronte a concetti fortemente sentiti (ma molto spesso mal interpretati con ipocrisia) come la privacy e la libertà di parola e di informazione, rendendo i colossi dei social media dei giganti di argilla che possono crollare a seguito anche di una infima crepa che intacchi il “sacro” rapporto fiduciario con gli utenti.
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Fonte: NYTimes