17 anni è un manga di genere seinen (per adulti) realizzato da Seiji Fujii e Yoji Kamata, rispettivamente ai testi e ai disegni, e pubblicato in Italia da J-Pop Manga.
Si tratta di un’opera molto toccante e cruda liberamente ispirata a una vicenda, realmente accaduta negli anni ’80 e che scosse il Giappone, che vide una diciassettenne rapita da un gruppo di coetanei e costretta a subire efferate e disumane violenze.
La recensione di 17 anni, il manga edito da J-Pop Manga e ispirato a un terribile fatto di cronaca nera degli anni ’80 che sconvolse il Giappone
L’opera, pubblicata da J-Pop in versione Collection Box, in un cofanetto da 4 tankobon con verso lettura rigorosamente in giapponese (da destra a sinistra), è una delle migliori delle genere seinen mai arrivate in Italia, perché affronta argomenti come quelli della violenza di gruppo, del bullismo, del perbenismo e dell’indifferenza degli adulti in maniera molto coraggiosa.
L’autore infatti. puntando soprattutto il dito sulla cattiveria e la crudeltà dei deboli, sottolinea come si possa, con disarmante facilità, passare da vittime a carnefici spinti non solo dalla paura, ma anche dalla prepotenza derivante da comportamenti intimidatori propri della più becera delinquenza.
Giappone, giorni nostri. Un fattorino di nome Hiroki è impegnato in una consegna imprevista nel quartiere ‘E’, città dell’area metropolitana di Tokyo. Il passaggio di un gruppo di bulli liceali che si vanta di aver picchiato un ragazzo e di avergli rubato la moto, evoca in Hiroki gli scabrosi ricordi della sua giovinezza quando, appena diciassettenne, fu protagonista di un crimine pagato duramente.
Nel 1988 Hiroki e il suo amico Takashi, vittime di continui scherzi e soprusi da parte di loro coetanei, vengono tratti in salvo da alcuni bulli da uno studente di nome Miyamoto, famoso teppista con legami nell’ambiente dalla criminalità locale e con la Yakuza, la mafia giapponese.
I due amici, presi sotto l’ala “protettiva” di Miyamoto, ignorando come l’obbedienza e la “lealtà” verso il delinquente sarà un cappio che si stringerà sempre di più, diventano a loro volta dei bulli finendo, pian piano, nell’essere coinvolti in deprecabili azioni e piccoli crimini, fino al rapimento di Sachiko (Junko Furuta nella realtà), studentessa che verrà segregata, torturata e violentata dai membri della gang.
Combattuto tra la voglia di aiutare la povera ragazza e la paura delle conseguenze che ciò potrebbe procurargli da parte dell’iracondo e violento Miyamoto, Hiroki inizia una battaglia interiore tra la sua coscienza e il senso di sopravvivenza, facendosi guidare dalla paura in una serie di azioni e comportamenti che metteranno a nudo tutte le sue debolezze morali e lo renderanno protagonista di cattiverie e omissioni che avranno una pesante influenza su ciò che accadrà alla povera Sachiko, costretta a subire indicibili angherie da tutti i membri della banda ad eccezione proprio di Hiroki, il quale però non sarà meno colpevole degli altri suoi “amici” e di tanti adulti la cui ignavia prolungherà le atrocità di cui sarà vittima la ragazza, la cui sorella gemella Miki, nel frattempo, cercherà, dopo aver allertato la polizia, di indagare per scoprire cosa è successo a Sachiko.
17 anni è un manga che si legge tutto d’un fiato, che rapisce (anche se l’uso di questo termine diventa alquanto irritante dopo aver letto l’opera) il lettore dalla prima all’ultima pagine, catturandolo con una sorta di vortice di sconcertante e incredibile violenza gratuita e facendolo sprofondare nel baratro di una cattiveria umana dispensata in maniera infame e gratuita.
Pur reinterpretando i fatti di cronaca originali, edulcorando la narrazione che, volutamente, non osa descrivere puntigliosamente quanto accaduto nella realtà, Seiji Fujii non si abbandona a a facili sdrammatizzazioni, ma porta a galla gli aspetti più crudi e inquietanti che hanno caratterizzato il rapimento e la prigionia di Sachiko, ridotta a un fantasma per via delle violenze e degli abusi subiti. Inoltre la storia segue lo svolgersi delle indagini delle autorità impegnate nelle ricerche, indagini che si scontrano contro un muro fatto di omertà, menefreghismo generalizzato e disinteresse da parte di una società, come quella giapponese, rinchiusa su sé stessa ma paradossalmente così permeabile da far emergere tutte le incongruenze e le sue ombre. Gli adulti in questo manga hanno un ruolo secondario ma enormemente colpevole e oggetto di biasimo, con intere famiglie che fingono di non sapere, madri e padri indotti al silenzio da figli adolescenti irrispettosi e violenti, tanto che in alcuni momenti vi sembrerà quasi inconcepibile che un genitore non abbia nemmeno la forza (più morale che fisica) d mollare qualche scapaccione.
Il cuore pulsante della ribellione contro ciò che sta accadendo è quello di Miki, la sorella gemella di Sachiko che, incredibile ma vero, scende in campo in prima persona mentre i suoi genitori, nonostante siano preoccupati e spaventati per la figlia scomparsa, sembrano inermi e quasi sopraffatti dall’appartenenza a quel tessuto sociale così apatico e inerte.
La resa visiva dei disegni puliti e lineari di Yoji Kamata è meravigliosa, rappresentando alla perfezione tutta l’angoscia, la violenza e la malvagità di questa storia, con le tavole in bianco e nero che si sposano alla perfezione all’atmosfera noir che si respira, con l’unica concessione dalla prima pagina a colori del primo volume, quasi a sottolineare che in men che non si dica saremo catapultati in quella tenebra che ha affascinato e catturato tanti mangaka e scrittori che hanno raccontato questa triste storia.
In 17 anni non c’è nulla che viene lasciato la caso o che viene semplificato o addirittura “piegato” a esigenze di raccontare qualcosa di diverso, le violenze non sono mai spettacolarizzate e fini a sé stesse, ma servono per raccontare terribili fatti che devono far riflettere il lettore e portarlo a una consapevolezza di come l’animo umano possa macchiarsi d’infamia e codardìa. L’opera non approfitta mia della figura della vittima e del suo triste destino, ma le rende giustizia (invocandone anche il perdono) per quello che è nelle possibilità di uno scrittore e di un magaka, affinché nessuno dimentichi mai Junko.
L’edizione da collezione di J-Pop Manga è come sempre bellissima in tutto ciò che la compone, dalle sovraccoperte in carta opaca e satinata dei singoli tankobon, impreziosite da inserti con verniciatura serigrafica lucida, senza dimenticare il box in cartone che rende l’opera un perfetto oggetto da collezione da leggere e rileggere e che trovate in vendita su AMAZON A QUESTO INDIRIZZO.
17 anni è un manga non adatto a tutti ma che tutti dovrebbero leggere
17 anni è un manga che, pur non essendo adatto a tutti, dovrebbe essere letto da tutti, perché la sua storia straziante e sconvolgente e i disegni a volte molto crudi e diretti, sono uno schiaffo morale che ci tiene sempre all’erta, evitando di sottovalutare situazioni di disagio che potrebbero sfociare in vere e proprie tragedie innescate da un male di vivere che spesso la società rigurgita di tanto in tanto, come anche recenti fatti di cronaca tutti italiani ci insegnano, purtroppo sempre quando ormai è troppo tardi.
Il Giappone ha fatto i conti con quei demoni proprio perché la storia di Sachiko lo sconvolse, come raccontato da Giorgio Fabio Colombo, professore di diritto comparato presso l’Università di Nagoya, il quale alla fine di ogni volume ci regala un’analisi spietata, ma diretta e sincera, della realtà del Giappone degli anni ’80, un paese così fiduciosamente proiettato verso il futuro, forte del suo incredibile sviluppo economico e tecnologico, ma pieno di criticità sociali che lo hanno accompagnato come oscure metastasi in quei decenni frenetici.
La vera storia di Junko Furuta
Novembre 1988, Prefettura di Saitama, Junko Furuta è una ragazza del secondo anno delle scuole superiori che viene sequestrata da quattro ragazzi di età compresa tra i 16 e i 18 anni, dopo che alcuni giorni prima aveva respinto le avances di uno di questi, giovane affiliato alla Yakuza.
Junko fu tenuta prigioniera per 44 giorni in una casa di proprietà dei genitori di uno dei rapitori subendo torture, sevizie e abusi sessuali indicibili, con la povera Junko che tentò più volte di scappare senza riuscirci e condannandosi, suo malgrado a efferate punizioni, subendo anche il ricatto di eventuali violenze contro la sua famiglia se non avesse “collaborato” con i suoi aguzzini. In tanti ebbero la possibilità di aiutare la ragazza a scappare o quantomeno a farla ritrovare, ma l’omertà ebbe la meglio su tutti e fece vincere la cosiddetta banalità del male.
Il 4 gennaio 1989, affamata e inumanamente vessata nel corpo e nello spirito, Junko non resistette alla ferocia dei suoi aguzzini e morì. Il suo cadavere, con una metodologia che noi italiani conosciamo benissimo e a cui abbiamo dato il nome di lupara bianca, venne posto in un bidone che fu riempito di cemento e abbandonato in una discarica.
Solo successivamente, grazie alla testimonianza di un pentito della Yakuza che denunciò il tragico accaduto e indicò il luogo dove si trovava il copro della povera Junk, le autorità furono in grado di assicurare i quattro giovani assassini alla giustizia.