Giusto ieri mi domandavo quanto l’offerta cinematografica di Netflix fosse convincente, che oggi mi ritrovo a dover nuovamente confrontarmi con questo interrogativo. La visione di Tau mi ha lasciato l’amaro in bocca, ma in questi giorni Netflix mi ha rimesso alla prova, ampliando nuovamente il suo catalogo fantascientifico con Anon.
Su questo aspetto, non posso far altro che ammirare la scelta di Netflix. Gran parte delle sue principali uscite di questa prima metà del 2018 sono orientate verso la fantascienza, con picchi di qualità come Altered Carbon e Annientamento, qualche produzione più familiare (Lost in Space) ed altre, sfortunatamente, più deludenti, come Mute.
Anon, come ricordi e realtà aumentata possono diventare una pericolosa arma di controllo di massa
Anon si presenta come un progetto intrigante che vuole appellarsi ad un concetto di fantascienza critica, spingendo lo spettatore ad andare oltre alla semplice narrazione della storia e analizzare la realtà che lo circonda.
L’utilizza della realtà aumentata è l’elemento chiave della narrazione di Anon. Questo elemento tecnologico, già integrato in molti aspetti della nostra quotidianità, diventa il motore della storia della pellicola di Andrew Niccol.
In un futuro non così lontano, la polizia utilizzerà la realtà aumentata per risolvere i crimini, grazie ad una rinuncia imposta ai cittadini: la propria privacy. Ogni ricordo, ogni momento della nostra vita diventa strumento di indagine, utilizzato da investigatori come Sal Frieland (Clive Owen). Tutti sono al contempo controllati e controllori.
Quando una serie di omicidi sembra lasciare la poliza senza tracce, emerge la figura di una misteriosa donna (Amanda Seyfreid) che pare vivere al di fuori della rete di controllo, capace anzi di modificare l’arma principale dei potenti: il controllo di ciò che vediamo.
L’idea alla base di Anon è avvincente, anche se è difficile non ravvisare una certa somiglianza alla concezione del controllo vista in Minority Report di Spielberg. In questo caso non ci sono i precog, ma la sensazione di vivere sotto un Grande Fratello è ancora più radicata ed invasiva perché maggiormente credibile.
A dare spessore è il fatto che molto di ciò che vediamo come tecnologia futura sia in realtà già usato nella nostro presente. Si tratta di una scelta oculata, che accresce il senso di immedesimazione dello spettatore, riducendo quel distacco temporale che dona ad Anon una visione più realistica.
Non è la prima volta che viene mostrato un utilizzo simile della realtà aumentata, e inizialmente ho avuto un po’ la sensazione di trovarmi in un episodio di Black Mirror. Niccol è riuscito nel tentativo di offrire un visione personale del tema, lavorando al meglio su alcune scelte stilistiche, come un ottimo utilizzo del punto di vista dei protagonisti, arricchito dalla sovrimpressione della realtà aumentata.
Quello che mi ha maggiormente colpito è la scelta delle tonalità, spente e fredde, a ribadire il concetto di una società priva di vitalità, una sensazione ribadita anche dalla recitazione algida e monolitica del cast.
Clive Owen è perfetto nel ruolo di Sal. L’investigatore è un uomo che vive un’illusione di presente, profondamente ancorato al suo passato di padre che può solo vivere attraverso i ricordi. Non è un caso che gli slanci più significativi arrivino proprio quando i momenti passati vengono a mancare, una molla che consente a Owen di lasciare emergere delle emozioni.
L’invisibilità sociale di Amanda Seyfried è ben scandita, dando vita ad un personaggio che diventa il perfeto elemento di rottura in una società conformata e altamente impersonale.
Ottimo anche il supporto del resto del cast, tra cui spicca Colm Feore, un caratterista che in ogni sua apparizione riesce a convincere.
Anon è un connubio riuscito tra fantascienza e noir, in cui l’azione viene offerta intelligentemente con il contagocce, dando maggior risalto alla costruzione di ambientazione e risalto dei personaggi. Niccol ha saputo esaltare al meglio la narrazione con inquadrature ragionate e ben studiate.
Dopo le recenti delusioni delle produzioni originali Netflix, Anon mi ha ridato un minimo di speranza sulle offerte in campo cinematografico da parte del colosso streaming. La strada è ancora in salita, che le delusione sono tante, ma Anon ha mostrato che ci sono speranze. E ora la prossima tappa di questa redenzione di Netflix passa per l’atteso La fine!