Certi luoghi sono pericolosi, avremmo dovuto saperlo visto tutto quello che avevamo letto in merito all’esistenza di quegli esseri abominevoli, alieni ed orridamente ripugnanti “capitanati” (per così dire) da Cthulhu, l’enorme mostro tentacolare delle dimensioni di una montagna e all’apparenza immortale (almeno questo è quello che abbiamo sempre creduto prima che un uomo, forse un pazzo, ci dicesse, in maniera piuttosto agitata, che anche la morte può morire: death may die).
Ora sono solo e non sono certo di esserne realmente uscito vivo, l’oscurità mi avvolge ancora mentre scrivo queste parole. Forse sono diventato pazzo anche io?
Giudicatelo voi, leggendo dell’esperienza che io e i miei compagni abbiamo fatto fra cultisti e terribili creature e dandomi la vostra opinione al termine di questa recensione.
La recensione completa di Cthulhu Death May Die che risale dalle viscere della terra
H.P. Lovecraft ci aveva avvisato molto tempo fa, ma siamo investigatori, la nostra curiosità ci ha spinto ad esplorare a fondo gli orrori di Cthulhu Death May Die, il nuovo gioco da tavolo ideato da Eric M. Lang (Victorian Masterminds, Rising Sun) e Rob Daviau (Pandemic Legacy) ed edito dalla premiata coppia CMON/Asmodee.
Nelle avventure incluse in questo titolo da 1 a 5 impavidi giocatori, dai 14 anni in su, si trasformano per circa 2 ore in investigatori che, collaborando fra loro, cercano di fermare gli oscuri rituali dei cultisti adoratori non solo di Cthulhu, ma anche di Hastur, per poter poi provare a distruggere il Grande Antico sfruttando il piccolo lasso temporale a loro disposizione.
Il nostro gruppo non poteva esimersi dal cercare di salvare il mondo dall’invasione di queste terrificanti belve aliene tentando di ricacciarle nelle viscere della Terra.
Presto toccherà anche a voi, pertanto ecco tutto ciò che dovete sapere prima che sia troppo tardi!
Innanzitutto scopriamo quale sarà il luogo dell’evocazione
La scatola che abbiamo sotto mano è un vero e proprio vaso di Pandora, dal contenuto magnifico e misterioso che proviene da oltre lo spazio e il tempo e da cui come per magia si materializzano:
- 45 bellissime miniature finemente cesellate (di cui 10 investigatori);
- 17 tessere doppia faccia per creare le mappe;
- 1 plancia storia;
- 12 carte follia;
- 8 d6 (3 dadi standard e 5 bonus);
- 30 tentacoli e 5 basette nei 5 colori dei giocatori;
- 49 segnalini vari e comuni alle varie avventure;
- 6 scatole contenenti ciascuna un episodio e lo specifico materiale aggiuntivo (segnalini, carte mito, equipaggiamenti e quant’altro);
- Il regolamento.
Già a un primo sguardo ci rendiamo conto che siamo di fronte a componenti pazzeschi, sia a livello di quantità che di qualità, e ci aspettiamo molto dalle avventure in cui ci stiamo per imbarcare.
Le carte sono di buona qualità ma vi consigliamo di imbustarle con le apposite bustine protettive.
Le misure presenti sono ben quattro: il formato Chimera 57,5 x 89 mm per le Carte Mito e le Carte Follia, il Tarot 70 x 120 mm per le Carte Scoperta e due formati fuori standard per le carte che non vanno mai mescolate (e che quindi potreste anche non imbustare), ossia 88 x 100 mm per le 10 carte dei Grandi Antichi e 88 x 148 mm per le carte Episodio e Mostri (2 per ciascuna delle 6 scatole incluse).
Fra i vari casi che ci vengono proposti ne scegliamo uno e, aperta la piccola scatola che ne contiene le specifiche, prepariamo il campo di gioco seguendo le semplici istruzioni del regolamento e della Carta Episodio.
Ci è voluto qualche minuto per mettere insieme i pezzi ed ascoltare la storia che ci ha portato sin qui, ma ora abbiamo ben chiara la nostra missione. È il momento di agire!
Impazzire negli abissi dell’orrore di Cthulhu Death May Die è un’impresa semplice e complessa al tempo stesso
I luoghi ed rituali non sono tutti uguali: ce la siamo veduta con violenti incendi, danze macabre e strane notti, in un chiar di luna che tutto sembrava, fuorché confortante. Abbiamo dovuto essere scaltri nelle nostre scelte, ogni nostra mossa avrebbe potuto attirare verso di noi i nemici e farci rischiare la vita.
Ma, per il bene del gruppo, qualche sacrificio è stato necessario.
A turno abbiamo dovuto correre per attraversare varie stanze (fino a 3 per volta) facendoci inseguire dai nemici ed attaccare coloro che ci ostacolavano, di tanto in tanto siamo stati costretti a riposare per poter recuperare punti vita o abbassare la nostra tensione (ma prima dovevamo essere certi di trovarci in un luogo sicuro). Per interrompere il rituale ci è stato utile anche scambiare oggetti con i nostri compagni o svolgere una delle due azioni speciali dello scenario scelto.
Ma le nostre azioni hanno scatenato anche qualche conseguenza negativa, guidata dalle carte mito che abbiamo dovuto pescare e risolvere.
Quando ci siamo trovati in una stanza sicura l’abbiamo esplorata a fondo, per pescare una Carta Scoperta e vedere se all’interno della stanza ci fossero stati nascosti equipaggiamenti o personaggi che potessero aiutarci nella nostra missione. Altre volte, invece, ci siamo trovati in compagnia di qualche nemico che ci ha brutalmente attaccato, infliggendoci danni sia fisici che mentali.
Dovevamo alternare le mosse perché sistematicamente, prima di poter tirare il fiato un attimo e fare agire i compagni, ci rendevamo conto che il rituale stava avanzando sempre più velocemente.
I cultisti stavano attivando gli orridi simboli disegnati su quelle che, come loro, abbiamo imparato a chiamare Carte Mito, e quando riuscivano ad attivarne 3 in contemporanea sentivamo dei brividi freddi invaderci e ci rendevamo conto che il Grande Antico si stava avvicinando, come se avanzasse lungo un oscuro tracciato dell’evocazione, e soffrivamo come se effetti mistici ed arcani stessero prendendo il sopravvento su di noi.
Tutti questi eventi si continuavano a ripetere, di volta in volta per ciascuno di noi, come se ci trovassimo in un costante dejà vu ma sempre con sfaccettature diverse.
Fino alla sua venuta. Ormai sapevamo che dovevamo distruggerlo prima che fosse troppo tardi, ma non potevamo farlo prima di interrompere il rituale.
Non c’è spazio per la paura in Cthulhu Death May Die, dobbiamo distruggere questo osceno mostro!
I nostri attacchi, tutte le conseguenze delle nostre gesta e degli eventi che abbiamo scatenato sembravano essere guidati da strane forze, come se qualcuno stesse tirando dei dadi, e come se questi lanci determinassero l’esito delle nostre mosse e ci assegnassero danni fisici o mentali.
Sentivamo la pazzia crescere dentro di noi, e a un certo punto capivamo che con essa cresceva la nostra consapevolezza, diventavamo stranamente sempre più determinati ed abili, come se la nostra follia regalasse a quell’arcano lanciatore (che ormai eravamo convinti esistesse davvero) dadi bonus.
Per nostra fortuna nessuno è morto prima dell’evocazione del Grande Antico, perché in tal caso avremo fallito miseramente la nostra missione. Sinceramente in questo momento, come vi ho detto iniziando questo racconto, non so chi sia realmente rimasto vivo (e non sono nemmeno certo di esserlo io).
Ricordo solo una delle morti, la prima, quando ancora non ero divorato dalla pazzia. Non abbiamo nemmeno avuto il tempo di piangere il cadavere del nostro defunto amico, riverso sul terreno costretto ad osservarci, con gli occhi vitrei, mentre cercavamo di onorare la sua memoria continuando imperterriti quell’avventura, che inizialmente sembrava un gioco da ragazzi, cercando di fermare il mostruoso Cthulhu e ripetendo come un mantra, sull’orlo della pazzia, le parole di quell’inglese: Death May Die…
È stato davvero difficile fermarlo, perché quando sembrava ormai finita per lui, si smaterializzava e ricompariva altrove, regalandoci altri terribili momenti di paura e pazzia. Per tre volte abbiamo dovuto scontrarci con Lui prima di riuscire a farcela, liberando per sempre il pianeta da questa oscura minaccia.
Ma lo abbiamo fatto davvero o invece sono diventato realmente così pazzo da esserne convinto, mentre la realtà è un’altra?
Ho bisogno di conferme. Per questo motivo vi lascio queste righe, vi invito e vi esorto ad andare a verificare di persona, se ne avete il coraggio e confidate nella vostra sanità mentale.
Conclusioni sulle nostre avventure scritte in un breve momento di lucidità mentale
Solo rileggendo le poche righe che vi ho passato (ovviamente ne ho tenuto una copia) dopo un lasso di tempo sufficiente a farmi recuperare un po’ di forze, sia fisiche che mentali, mi rendo conto che sia io che quasi tutti i miei amici siamo ancora vivi, e che l’esperienza che ho vissuto era legata a Cthulhu Death May Die, il gioco da tavolo di CMON e Asmodee Italia, di cui ora ricordo tutto (l’unica cosa che non ricordo è perché io viva in un monolocale con le pareti bianche e imbottite di cuscini sui muri).
Posso quindi dirvi che a livello di materiali questo titolo è davvero spettacolare: miniature bellissime e ben rifinite, segnalini in cartone spessi e resistenti ed artwork curati nei minimi dettagli. Anche stavolta CMON non ci ha deluso sotto questo punto di vista.
Come sempre, però, il mio consiglio è quello di imbustare le carte. Per non farvi impazzire alla ricerca del formato giusto vi segnalo che A QUESTO INDIRIZZO trovate le bustine formato Chimera 57,5 x 89 mm per le Carte Mito e le Carte Follia, mentre A QUESTO INDIRIZZO trovate quelle di misura Tarot 70 x 120 mm per le Carte Scoperta.
A livello di meccaniche Cthulhu Death May Die gira bene, le regole molto semplici lo rendono da un lato abbordabile anche da chi non è particolarmente avvezzo ai dungeon crawler, dall’altro però lo rendono un po’ ripetitivo e le storie somigliano parecchio a quelle già note a chi ha già fatto man bassa di titoli a tema Lovecraftiano.
Prima di passare alla parte migliore, mi tolgo subito il fardello di dirvi cosa non mi ha convinto a pieno nel gioco (peso che mi grava come se avessi nello zaino un’immondo scheletro di uno Cthoniano).
Partiamo dal downtime: i turni, come abbiamo detto sopra, sono sì semplici, ma la divisione di ciascuno di essi in 4 fasi distinte li rende lunghi da svolgere, ciò significa che una volta terminato il nostro turno non potremo che restare ad osservare gli altri per un bel po’.
Altro “piccolo” problema è quello della player elimination: quando un personaggio muore, il gioco continua fino a che non muoiono tutti o il Grande Antico non viene ucciso. Pertanto qualcuno al tavolo potrebbe rimanere ad osservare anche una quindicina di turni prima che il gioco venga vinto o perso dal gruppo.
Unica magra consolazione è che, se è vero che anche la morte può morire, allora è anche vero che i nostri morti possono vincere.
Per fortuna però il gioco non è solo questo, e i pregi non si limitano alla semplicità del regolamento (fra l’altro scritto in maniera molto chiara) e alle bellissime miniature, marchio di fabbrica di CMON.
Bellissimo è, per esempio, il modo in cui il nostro personaggio progredisce ed incrementa i suoi livelli di abilità. Infatti, come accade in molti dei racconti di Lovecraft, al crescere della pazzia cresce anche la consapevolezza nei nostri mezzi, cosa che si riflette nella possibilità di lanciare dadi bonus o incrementare i nostri livelli di abilità.
Anche a livello di ambientazione gli editori hanno fatto un ottimo lavoro, mantenendo tonalità di colori che richiamano perfettamente le emozioni tetre e cupe che solo un racconto di Lovecraft sa dare.
Altra idea che mi è piaciuta molto è stata quella che, per poter portare a termine la nostra missione, qualcuno di noi ha dovuto compiere sacrifici estremi, attraversando stanze al solo scopo di farsi inseguire dai mostri e liberare il campo ai compagni. Insomma la collaborazione qui ha raggiunto livelli a dir poco epici!
Insomma, un gioco che ci sentiamo di consigliare agli amanti di Lovecraft e a coloro che vogliono testare un dungeon crawler semplice per iniziare a capirne le meccaniche di base. Per loro rappresenta sicuramente un must have, per lo meno per fenomenali miniature incluse nel gioco!
Detto questo per me è il momento di uscire da questa stanza e lasciare a voi l’onere di provare le avventure di Cthulhu Death May Die.
Un uomo con un camice giallastro (che strano colore) si avvicina a me e mi porge delle carte, sono i documenti per la mia dimissione dal logo in cui mi trovo dopo aver delirato su strane esperienze mistiche. Mi appresto a firmarle: H. P. Lo…. mi strappa i documenti di mano e mi ributta con violenza nella stanza bianca. Ora ne sono quasi certo, non sono pazzo, era tutto vero, e lui deve essere uno dei servi di Hastur.