La recensione di uno dei racconti postumi più amati dagli appassionati di Tolkien. Ecco la storia tragica e fantastica de I Figli di Húrin.
I Figli di Húrin è uno dei romanzi postumi di J.R.R. Tolkien.
L’edizione originale, in lingua inglese, è stata pubblicata in Gran Bretagna e negli Stati Uniti il 17 aprile 2007. L’uscita del tomo è stata curata dal figlio dello scrittore Christopher, così come gli altri romanzi pubblicati dopo la morte del padre.
Il racconto di Húrin e dei suoi figli, Turin e la bella Nienor, era già presente nel Silmarillion e nei Racconti Incompiuti, ma solo con la pubblicazione di questo romanzo si ha la storia nella sua versione completa e senza salti temporali.
Ecco, in breve, la trama di questo intenso romanzo:
Húrin è un cavaliere, fraterno amico del suo re; è sposato con Morwen e ne ha avuto un primo figlio, Túrin. Quando Túrin è ancora un bambino, Húrin deve partire per combattere contro il perfido signore del male Morgoth, che prima lo cattura e poi lo tortura. Poiché Húrin resiste, Morgoth lo minaccia: se non confesserà, a pagare sarà la sua famiglia.
Per fortuna, nel frattempo, la saggia Morwen decide di allontanare Túrin per proteggerlo e lo manda da un re degli elfi loro amico, Thingol. Túrin cresce e a diciassette anni si sente pronto per diventare anche lui cavaliere e andare alla ricerca di suo padre. Unendosi ad una banda, Túrin si mette in viaggio e fra scorribande, assalti a tradimento e avventure di ogni genere, riesce a sfuggire agli uomini di Morgoth che lo inseguono. Dopo essersi rifugiato presso un altro re sotto falso nome, Túrin arriverà, alla fine, allo scontro finale con il suo nemico.
Uno dei più coinvolgenti libri postumi di Tolkien
Scrivere dei libri postumi di Tolkien non è per niente facile. I puristi diranno sempre che non si tratta dell’ultima volontà dello scrittore, mentre gli appassionati più fervidi apprezzeranno sempre questi nuovi testi, anche se in essi c’è poco di Tolkien, pur di rileggere le epiche storie ambientate nella Terra di Mezzo.
I Figli di Húrin rientra proprio in questa strana categoria di testi narrativi: Tolkien aveva mostrato la volontà di raccogliere la storia di Húrin e di suo figlio Turin in un unico volume, aveva iniziato a lavorarci sopra, ma poi il progetto non era mai stato concluso.
Anni dopo la sua morte è il figlio Christopher che riprende in mano gli appunti del padre e crea un nuovo romanzo: I Figli di Húrin.
Personalmente, non riuscendo a classificarmi né tra i puristi, né tra i fan più avidi di nuovi racconti, cercherò di occupare una posizione equidistante tra i due.
La prima cosa che si nota leggendo I Figli di Húrin è la sostanziale differenza di tipo di scrittura tra questo volume e i grandi classici di Tolkien come Il Signore degli Anelli e il Silmarillion. La scrittura si avvicina allo stile epico, è ben fatta, ma si nota l’assenza dello stile di Tolkien padre, elemento che, secondo me, penalizza il romanzo.
Tutto il resto, invece, può essere definito come una storia fantasy senza tempo. La vicenda di Turin è una delle più coinvolgenti del Silmarillion, proprio uno di quegli episodi che ti fanno pensare che ne vorresti sapere di più.
Con I Figli di Húrin non si può che essere paghi di una storia avvincente finalmente esposta in maniera chiara e senza salti temporali e, se già nel Silmarillion, vi eravate affezionati a Turin, a Nienor, a Morwen e agli altri protagonisti, non potrete che amare questo romanzo.
La vicenda mantiene tutta l’aura e l’epicità caratteristiche dei racconti tolkeniani. Il libro si configura come un romanzo che potrebbe essere letto anche da chi non sa assolutamente nulla della Terra di Mezzo, ma è un delicato e prezioso corollario per i più accaniti fan di Tolkien.
La Maledizione della Casa di Húrin
I temi del libro sono moltissimi e includonoo quelli tipici della letteratura tolkeniana, ma il tòpos principe del libro è senza dubbio quello della Maledizione.
Tutte le azioni dei protagonisti principali sono conseguenza del maleficio che Morgoth scaglia all’umano Húrin quando questi, catturato, lo sfida. La maledizione ricade non solo sul grande condottiero degli Uomini, ma anche sulla sua famiglia e Húrin, legato e prigioniero presso Morgoth, è costretto a “vedere” e sentire tutte le sventure che i suoi cari dovranno affrontare.
Questa tematica è un chiaro collegamento con le tragedie di matrice greca come l’Elettra, l’Edipo, l’Agamennone e altre, tutti testi in cui le colpe degli antenati o dei genitori ricadono sui figli, generando una sequenza di scelte sbagliate e nefaste che portano alla finale rovina dei personaggi protagonisti.
In questo romanzo accade la stessa cosa: c’è un filone di scelte sbagliate e di errori che i protagonisti non possono fermare e che li condurrà inevitabilmente verso la morte e la sofferenza e in Tolkien questa maledizione permea tutta la storia dei personaggi: amici che vengono uccisi per sbaglio, matrimoni e unioni con membri della propria famiglia, informazioni recepite in modo erroneo che portano a scelte imperdonabili, sentimenti d’amore troppo tragici per sopravvivere.
La materia così alta de I Figli di Húrin fa quasi dimenticare che il testo è stato fortemente rimaneggiato da Christopher Tolkien ma che fa del romanzo una lettura sicuramente consigliata per gli appassionati del Professore, ma anche per coloro che sono entrati da poco nel mondo della letteratura fantasy.
Il libro può essere forse meglio apprezzato dopo aver letto il Silmarillion, ma la scrittura agile ed epica ed i vari approfondimenti prima e dopo il romanzo, che è in vendita su Amazon a soli 11,05, rendono il libro una piacevole lettura per tutti.