Killers of the Flower Moon è il ventiseiesimo film di Martin Scorsese, ultimo di una carriera iniziata nel 1967 con la commedia Chi sta bussando alla mia porta? e che ha regalato più di un capolavoro alla storia del cinema.
Il suo ultimo lavoro è un lungometraggio (e mai in questo caso la parola lungometraggio è azzeccata), gravoso e magniloquente, con due attori in stato di grazia e con un senso della messa scena quasi perfetto, tipico di Sorsese, dalla durata “monstre” di tre ore e mezzo, forse più adatto ai cinefili più tosti che al pubblico generalista.
La trama di Killers of the Flower Moon
Ernest Burkhart è un reduce della prima guerra mondiale che si trasferisce a Fairfax per lavorare alle dipendenze dello zio, commerciante di bestiame, William Hale, detto il Re. Oltre a commerciare in bovini, l’altra attività ben più redditizia è quella di rubare il denaro agli Osage, popolazione di nativi americani che detiene i diritti del petrolio sepolto nei territori adibiti a riserva. Convinto dallo zio, Ernest decide di sposare Molly, ragazza Osage, che fa parte di una famiglia molto ricca. Tra un omicidio e l’altro, dopo due ore di film, anche l’FBI si accorge che qualcosa di non esattamente legale sta succedendo a Fairfax.
Scorsese firma un film potente e pesante, non per la durata, ma per l’angoscia che crea e che mette in scena la corruzione e l’avidità dell’uomo bianco, con un cast eccezionale dove a farla da padrone sono i due attori feticci del regista.
Di Caprio vs De Niro
Se c’è un regista che ha costruito parte della sua carriera lavorando con i medesimi attori, quello è sicuramente Martin Scorsese. Primo “partner in crime” del regista è sicuramente Robert De Niro, con dieci film all’attivo per la coppia, seguito da Leonardo Di Caprio con sei. Killers of the Flower Moon riunisce gli attori feticci di Scorsese, per un film che è anche una gara di bravura fra i due.
Leonardo Di Caprio è Ernest Burkhart, uno dei peggiori uomini portati sullo schermo dall’attore di Titanic, un uomo disposto a tutto per i soldi e profondamente stupido, una marionetta nei fili dello zio William Hale, incoerente fino all’ultimo e pronto a tutto per salvare la pellaccia. L’attore recita per tutto il film con l’espressione dell’emoticon triste, e sembra avere del cotone in bocca, come Marlon Brando nel Padrino. Nonostante ciò, regala una prestazione d’attore straordinaria, riuscendo a farsi odiare, ma allo stesso tempo anche a farsi compatire dallo spettatore.
Chi invece si fa odiare dal primo minuto è Robert De Niro, nei panni del Re, William Hale. L’attore premio Oscar per Il Padrino, parte seconda, regala la sua miglior performance degli ultimi vent’anni, non relegato a ruoli comici e demenziali, e nemmeno coperto dal de-aging di The Irishman, il suo Wiliam Hale è un personaggio spietato e senza scrupoli, che ha l’ipocrisia di credere di essere considerato un amico dagli Osage, anche nel momento in cui ne diventa il primo sospettato degli omicidi. In Killer of The Flower Moon, De Niro, ricorda il personaggio di Max Cady di Caper Fear, sempre di Scorsese, e anche l’Al Capone de Gli Intoccabili. Quest’ultimo film viene anche citato quando Hale, si fa radere la barba, proprio come faceva Al Capone nel film di Brian De Palma.
Chi non sfigura davanti ai due “mostri” di bravura è Lily Gladstone, interprete di Molly. L’attrice nativa americana riesce a tenere testa ai due colleghi, interpretando una donna forte, quasi spezzata dalla malattia e dal dolore, ma che riesce a smuovere la coscienza del marito criminale.
Il resto del cast è composto più da caratteristi che da attori riconoscibili, eccezion fatta per la “gigantesca” presenza di Brendan Fraser, reduce da The Whale, nel ruolo dell’avvocato difensore di Hale, e John Lithgow che interpreta l’avvocato accusatore.
Killers of the Flower Moon è troppo lungo?
Molti detrattori del film sostengono che sia troppo lento e troppo lungo, ma se è vero che tre ore e mezza sono quasi un sequestro di persona, il film di Scorsese non risulta mai noioso, e anzi, si ha quasi la sensazione che la durata del film sia necessaria e che se si fosse tagliato qualcosa, si correva il rischio di risultare poco chiari, almeno per quanto riguarda lo sviluppo dei personaggi.
In una recente intervista Scorsese ha dichiarato che se la gente può stare seduta sul divano per fare binge watching di una serie per cinque ore, non vede perché non si possa stare seduti al cinema per tre ore e mezza. Cosa che disse anche James Cameron sulla durata di Avatar, la via dell’acqua.
Come sempre è una questione soggettiva, e un film del genere richiede un certo “impegno”. Non è di certo un film escapista, ma comunque in Killers of the Flower Moon, la tensione è costante, merito anche della perfetta messa in scena, tipica di Scorsese, e la vicenda è sicuramente una delle pagine di violenza più cupe della storia americana.
Gli Assassini della terra rossa
Killers of the Flower Moon è tratto dal libro inchiesta di David Grann, Gli assassini della terra rossa. Il libro racconta appunto degli Osage, nativi americani costretti dal governo a trasferirsi in Oklahoma, dove scopriranno enormi giacimenti di petrolio che li porteranno ad essere la popolazione più ricca degli Stati Uniti, negli anni 20 del novecento. Gli Osage giravano in auto di lusso, vivevano in grandi case e mandavano i figli a studiare nelle migliori scuole europee. Poi, iniziarono a morire ammazzati in circostanze misteriose, e chi indagava sugli omicidi, faceva la stessa fine. Solo quando le morti iniziarono a superare le due dozzine, il caso venne preso in mano dall’appena nata FBI.
La sceneggiatura di Eric Roth e dello stesso Scorsese, ribalta il punto di vista del romanzo. Il film non è raccontato dal punto di vista dell’FBI, ma da quello di Ernest Burkhart, uno dei complici della cospirazione ai danni degli Osage.
Killers of the Flower Moon, la frontiera di Scorsese
Martin Scorsese ha sempre detto di fare film su quello che conosce e, per uno nato a Little Italy, è ovvio che la mafia e i gangster sono il suo pane quotidiano. Di certo, una tribù di nativi americani non fa parte delle corde del regista ma, forse proprio per questo, Scorsese realizza un film eccezionale, con uno sguardo a dir poco critico nei confronti dei suoi personaggi. Nemmeno gli stessi Osage vengono risparmiati in Killers of the Flower Moon, anche loro talmente accecati dal denaro, da non vedere che il nemico siede al loro fianco.
Il genere dove Scorsese si è distinto in maniera più assoluta è sicuramente il gangster movie, dove i protagonisti erano sempre criminali esaltati e quasi elevati a modello di vita, salvo poi essere sconfitti e cadere in disgrazia, perché si sa, il crimine non paga. Killers of the Flower Moon è un western crepuscolare con pennellate di gangsterismo scorsesiano, un film di frontiera, dove la violenza è più psicologica che grafica.
Un film diverso da quelli a cui il regista ottantenne ci aveva abituato, ma non per questo meno bello. Se siamo davanti all’ennesimo capolavoro, sarà il tempo a dircelo.