Dom 16 Marzo, 2025

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La Città Proibita: amore e kung fu all’ombra del Colosseo – Recensione

Solo Gabriele Mainetti, regista di “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Freaks Out”, poteva realizzare La Città Proibita, un film di arti marziali ambientato a Roma, prodotto in Italia e capace di competere con i suoi corrispettivi americani o cinesi.

Già questa premessa non è niente male, ma se non siete ancora convinti di correre al cinema più vicino, siamo qui per questo.

La città proibita e la città eterna

Il film inizia nel 1995 in Cina, dove la piccola Mei, tra una lezione e l’altra di kung fu, è costretta a nascondersi dai funzionari pubblici dello Stato a causa della legge del figlio unico, divieto che le impedisce di vivere normalmente accanto alla sorella Yun. Con un salto temporale ai giorni nostri, vediamo Mei muoversi a Roma in cerca della sorella, finita in un giro di prostituzione e fuggita per amore con Alfredo, proprietario di un ristorante romano. La ricerca porterà Mei a incontrare Marcello, figlio di Alfredo, che si troverà coinvolto, suo malgrado, nella vicenda.

Mei dovrà affrontare chiunque le si pari davanti pur di ritrovare la sorella. Tra due bande criminali rivali – una capitanata dal romano Annibale, amico di Marcello e di suo padre, e l’altra guidata dal cinese Mr. Wang – la sua vendetta non lascerà scampo a nessuno, un po’ come accadeva nei film di Bruce Lee degli anni ’70.

Dalla Cina con furore, a Roma con amore

Quando si parla di arti marziali al cinema, il primo nome che viene in mente è sicuramente Bruce Lee. Nel caso de La Città Proibita, il titolo del primo lungometraggio con protagonista l’attore cinese è un chiaro riferimento alla trama del film. Mei arriva dalla Cina con furore e determinazione in cerca della sorella, ma troverà invece in Marcello l’amore e in Roma una città da sogno a occhi aperti.

Un altro riferimento cult per La Città Proibita è l’unico film da regista di Bruce Lee, “L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente”, con il celebre scontro tra Lee e Chuck Norris al Colosseo. Anche “Per un pugno di dollari” fa capolino nella trama in qualche modo: come il personaggio di Clint Eastwood nel film di Leone, Mei si ritrova tra due famiglie criminali in lotta.

Pur ispirandosi a diversi film precedenti, La Città Proibita riesce comunque a risultare fresco e originale, con una messa in scena dei combattimenti perfetta e una evidente passione per il genere da parte di chi lo ha girato.

Il regista proibito

Che Gabriele Mainetti sia un outsider del cinema italiano era già evidente dai suoi primi due film, ma anche dai cortometraggi come “Basette”, rivisitazione dell’anime di Lupin. Se “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Freaks Out” erano due film di supereroi intrisi di romanità, qui la formula di Mainetti si sposa perfettamente con le arti marziali e con una Roma multietnica. Il regista romano è uno degli ultimi esponenti del cinema di genere in Italia, e solo per questo meriterebbe supporto; se poi gira anche grandi film come questo, andrebbe celebrato dall’industria cinematografica e dagli amanti del cinema.

Roma protagonista

Roma è al centro del film, come sottolineato dalla sequenza in cui Marcello e Mei girano tra le vie della capitale ammirandone il panorama.

Si tratta di una Roma multietnica, dove culture diverse si incrociano e si mescolano. Il contrasto principale è tra la cultura cinese di Mr. Wang e quella romana di Annibale, sintetizzato in una frase del gangster orientale: “Per voi tutto è permesso e niente è importante, per noi niente è permesso e tutto è importante”, perfetta sintesi delle due diverse mentalità.

Non si tratta, però, di un affresco idilliaco di Roma: tra le vie del quartiere in cui è ambientato il film, si percepisce la rabbia repressa dei romani nei confronti degli stranieri, mentre questi ultimi si sentono affievoliti nella mente e nel corpo, come afferma lo stesso Mr. Wang.

La Città Proibita: il cast

Per interpretare Mei, Mainetti sceglie Yaxi Liu, artista marziale e stuntwoman, qui al suo debutto come attrice. Oltre a combattere come il suo idolo Jackie Chan, Yaxi riesce a reggere anche la parte drammatica del film, rivelandosi una bella scoperta. Altra sorpresa è Enrico Borrello, interprete di Marcello, contraltare perfetto di Mei, a cui spetta la parte più drammatica della storia.

I veterani del cast includono Marco Giallini, nei panni di Annibale, un vecchio criminale grigio e quasi afono, legato alle tradizioni e incapace di rendersi conto che il mondo intorno a lui è cambiato. Sabrina Ferilli interpreta Lorena, madre di Marcello e moglie tradita da Alfredo, interpretato da Luca Zingaretti: una donna ancorata al ristorante di famiglia e a un marito infedele.

Arti marziali nostrane

Il termine “nostrano” nella lingua italiana indica qualcosa di tipico di un luogo, ma anche sinonimo di qualità, un aggettivo che si adatta perfettamente a “La Città Proibita”. Un prodotto italiano con il DNA dei film di Bruce Lee e Jackie Chan, girato con grande caparbietà da Mainetti e coreografato da Liang Yang, artista marziale presente in grandi produzioni hollywoodiane (basta vedere le sue scene con Tom Cruise e Henry Cavill).

Dove il film barcolla un attimo è forse nel “secondo finale” che, senza fare spoiler, rischia di mettere in secondo piano la vicenda della protagonista Mei. Tuttavia, questo è un peccato veniale rispetto a quello che è uno dei migliori film dell’anno.