Gio 21 Novembre, 2024

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Sekiro: Shadows Die Twice, quando difficile è bello – Recensione

Chiudo gli occhi.
Respiro.
Affondo.
Respiro.
Ogni colpo della mia lama deve andare a segno, altrimenti non ci sarà speranza per me.

Sbaglio il tempo, un errore imperdonabile per uno Shinobi. Sento la katana del mio avversario conficcarsi nel mio petto e percepisco la vita scivolarmi via.
In quella frazione di secondo l’unica cosa che mi viene in mente è: “dove ho sbagliato?”

Una forza misteriosa mi riporta indietro dalla morte.
Chiudo gli occhi.
Respiro.
Affondo.
Respiro.
Pochi colpi precisi, diretti. Il fragore delle nostre lame riecheggia nel bosco.
Un ultimo fendente e la testa del mio avversario rotola a terra.
Rinfodero la spada.
Questa volta sono stato fortunato, ma devo fare più attenzione alla mia tecnica e non sottovalutare l’avversario.

Altrimenti morirò ancora e non ci saranno sempre forze divine a riportarmi indietro… per scrivere la recensione di Sekiro: Shadows Die Twice!

La recensione di Sekiro: Shadows Die Twice!

Chiariamo subito una cosa: Sekiro non è un gioco per tutti e non lo è nemmeno per chi pensa di trovarsi davanti all’ennesimo (e diciamocela tutta, ripetitivo) souls-like di casa From Software.

Molti si erano oramai “abituati” alla difficoltà estrema dei titoli della software house nipponica e anche a certe meccaniche da tempo consolidate, come la raccolta delle anime o degli echi del sangue per poter salire di livello; conseguentemente al farming e grinding estremo per superare una determinata area.

Non troverete niente di tutto questo. Perchè se Dark Souls e Bloodborne vi sembravano complessi, Sekiro: Shadow Die Twice sarà infernale.

Togliamoci subito un sassolino dalla scarpa e parliamo di questa “tegola” che è la difficoltà: come detto sopra, non sarà possibile salire di livello come nei vecchi Souls, poiché la componente RPG è davvero ridotta all’osso, con solo due caratteristiche (la salute e l’equilibrio) che potranno essere potenziate accumulando determinati oggetti, con un albero delle abilità migliorabile grazie ai punti esperienza che si ottengono dall’uccisione dei nemici.

Se quindi pensavate di livellare a più non posso per poter affrontare il gioco in scioltezza, beh, non avrete successo.

Impara dai tuoi errori e studia il tuo nemico

Quasi come alcune delle antiche filosofie orientali da cui il titolo stesso trae ispirazione, l’unico modo per avanzare in Sekiro è imparare dai propri errori, studiare il nemico, capire le contromosse da effettuare e non perdere mai la concentrazione.

Tutto questo in funzione anche di un sistema di combattimento basato su parate, schivate e deviazioni dei colpi nemici, alcuni dei quali preceduti dall’apparizione di un kanji, atto a significare la pericolosità dell’attacco stesso.

Dovremo, inoltre, decidere come reagire ad un determinato tipo di colpo, sia esso una spazzata (saltando e dando un calcio), un affondo (deviando con la nostra lama o facendo virare quella nemica verso il terreno con la pianta del piede) o una carica (schivando di lato e colpendo il nemico alle spalle), il tutto in una frazione di secondo, in cui le combo nemiche si incatenato una dietro l’altra e il fragore delle armi riecheggia nell’aria.

Gli approcci per mandare al tappeto il nemico sono diversi ma praticamente tutti basati principalmente sulla postura: ogni attacco la consuma, sia a noi che al nemico, e sarà fondamentale portarla al minimo tramite attacchi e parate ad impatto premendo il tasto al momento dell’attacco, per fare in modo di finire i nostri avversari con un colpo solo.

Il tempismo è fondamentale in Sekiro, dove un tasto premuto troppo presto o troppo tardi ci farà subire una ferita, invece che deviare l’attacco.

Se dovessimo fallire più volte in questa vera e propria “danza mortale” sopraggiungerà la morte… o forse no?

In Sekiro: Shadow Die Twice, avremo la possibilità di resuscitare fino ad un massimo di tre volte, prima di incontrare la vera e propria morte, che ci dimezzerà i punti esperienza e il denaro accumulati; oltre che non aver la possibilità di recuperarli raggiungendo il proprio cadavere, come accadeva nei Souls e in Bloodborne.

È bene cercare di padroneggiare al più presto questa meccanica, poiché sarà davvero fondamentale in alcune situazioni e potrà davvero fare la differenza. Ma non è tutto rose e fiori, perchè il morire in continuazione porta ad un malus piuttosto fastidioso: la Malattia del Drago.

Ma perchè questa epidemia è cosí fastidiosa? Innanzi tutto, qualsiasi PNG può essere colpito dalla malattia e questo comprometterà il completamento delle quest assegnateci dagli stessi, poichè non saranno in grado di risponderci a dovere a causa della forte tosse; in più, limiterà pesantemente l’ottenimento di “aiuti divini”, ovvero la possibilità di una riduzione di penalità per quanto riguarda la riduzione di denaro e punti esperienza.

Per fortuna, la Malattia del Drago non è permanente, ma può essere guarita tramite una quest che ci verrà assegnata dopo che la malattia verrà contratta la prima volta. Un po’ come succedeva con la vacuità in Dark Souls 3, per intenderci.

“Mi sembra troppo complicato! Io che ho giocato a Dark Souls sono avvantaggiato?”

La mia risposta è un secco no.

Per quanto l’impronta stilistica, nonché il concetto di morte e resurrezione portato avanti da From Software negli anni, sia sempre presente ed evidente, Sekiro: Shadow Die Twice è un qualcosa di completamente differente rispetto a quanto visto finora.

Oltre al sistema di combattimento di cui abbiamo già parlato, abbiamo anche un approccio alla situazione che è totalmente diverso rispetto ai Souls.

Lo sviluppo verticale delle mappe di gioco permette uno studio più approfondito sul superamento di una determinata area di gioco: possiamo affrontare i nemici uno ad uno, in stealth, aggirandoli e uccidendoli alle spalle o calandoci dall’alto; possiamo appenderci alle sporgenze grazie al braccio prostetico che ci fa da rampino e adocchiare punti strategici da dove attirare i nemici con dei cocci di ceramica; o ancora buttarsi nella mischia e con l’aiuto della fuliggine, distrarre i nemici per ucciderli uno dopo l’altro (anche se, personalmente, ve lo sconsiglio)

Tutte cose che non ci erano permesse nelle precedenti avventure di From Software.

E tutto ciò è possibile anche grazie alla meccanica del salto, un’aggiunta decisamente importante per chi era abituato a mappe pressoché orizzontali, in cui cadere da una sporgenza significava morte certa.

Potremo infatti saltare, rimbalzare su un muro effettuando una sorta di “doppio salto” e aggrapparci alle sporgenze, permettendoci di raggiungere posti altrimenti irraggiungibili.

Un decisivo salto di qualità e un cambio di rotta un po’ inaspettato rendono Sekiro: Shadows Die Twice un prodotto incredibile

Anche la narrativa si discosta dagli stilemi che hanno caratterizzato le opere di From Software: infatti non vi sarà più una vera e propria “lore” nascosta e accessibile solo tramite le descrizioni degli oggetti, ma avremo delle vere e proprie sequenze di filmati, atte a narrarci un racconto, mantenendo pur sempre un po’ di mistero (e fidatevi che di segreti ce ne sono a bizzeffe) essendo tuttavia decisamente più chiaro e comprensibile a tutti.

Il collocamento, poi, dell’intera vicenda nel Giappone feudale dei samurai, dei ninja e dei Signori a cui questi guerrieri prestavano servizio, rendono il tutto più magico, avvincente e appassionante: l’onore e il dover portare a compimento il volere del proprio padrone, sono valori fondamentali per il nostro protagonista e questo si riflette sul suo carattere e sulla nostra missione.

In conclusione, Sekiro: Shadows Die Twice mi ha divertito (e ancora mi sta divertendo) come non succedeva da tempo.

La difficoltà estrema potrà essere un ostacolo per molti giocatori, ma per quanto mi riguarda si tratta di un’ennesima sfida che rende gratificante, quando arriva, il successo di una determinata prova all’interno del gioco.

Il sistema di combattimento estremamente tecnico e basato sui riflessi e la “pazienza” (anche se in un titolo del genere è una parola un po’ azzardata) rendono l’esperienza appagante, nonostante la difficoltà sia a tratti davvero eccessiva.

Non mancano alcune piccole problematiche oramai presenti in ogni gioco di From Software, come le hit-box un po’ imprecise e la telecamera che, di tanto in tanto, non vuole proprio saperne di collaborare, ma nell’immensità del gioco e in mappe verticali così ben curate e studiate si tratta, per quanto mi riguarda, di semplici sbavature.

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