Sab 19 Aprile, 2025

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Star Trek Discovery: Il coltello del macellaio non si cura del pianto dell’agnello – Recensione

Star Trek Discovery con il suo quarto episodio abbassa drasticamente la qualità dello show di Netflix

Ho aspettato con ansia il quarto episodio di Star Trek Discovery, Il coltello del macellaio non si cura del pianto dell’agnello. Dopo due primi episodi piuttosto controversi in apertura di stagione, il terzo episodio, Il contesto è per i re, mi aveva dato la speranza che la nuova serie ispirata ambientata nell’universo di Gene Roddenberry potesse mostrare un’anima trekkie pura. E si sa, la speranza è l’ultima a morire.

Ma con questo quarto episodio è ora agonizzante.

Il coltello del macellaio non si cura del pianto dell’agnello è un episodio che presenta una doppia personalità. Da un lato ci sono sicuramente degli ottimi spunti ed innovazioni che svecchiano alcune delle pecche delle ultimi produzioni trekkie, dall’altro delle scelte discutibili che minano in parte la credibilità dell’intera serie.

Partiamo dai pregi.

Il voler legare maggiormente tra loro gli episodi con una macrotrama più solida è un’idea vincente. Più vicina ad una continuity stretta rispetto ai precedenti serial di Star Trek, Discovery mira a creare una sorta di lungo racconto unico, in cui ogni linea narrativa prosegue nell’episodio successivo, approfondendosi e acquisendo ulteriore valore e consistenza. É la formula ideale, visto come gli showrunner stanno lavorando in modo serio e accorto alla crescita della figura della Burnham.

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Il suo inserimento in Il contesto è per i re nell’equipaggio della Discovery non è certo semplice. Se la sua compagna di stanza Tilly sembra aver preso bene la sua presenza, il suo itinerare nei corridoi dell’astronave mostra come ci sia ancora una forte titubanza e molto scetticismo nei membri dell’equipaggio di Lorca. Insomma, è pur sempre lei che ha causato la guerra con i Klingon, giusto?

In particolare, è lo scetticismo di Saru ad essere interessante. Il primo ufficiale della Discovery, nello scorso episodio, si era lasciato andare ad un elogio della Burnham in occasione dell missione sulla Glenn, ma ora pare non esser poi così lieto di aver ancora a bordo la pericolosa ammutinata. Non che il comportamento della Burnham possa farlo dubitare, vedendo l’andamento dell’episodio.

La costruzione delle dinamiche interpersonali dei protagonisti di Star Trek Discovery è bene studiato, soprattutto si gioca molto su alcune doppiezze, o presunte tali, di figure chiave, una su tutte Lorca.

Nel finale dello scorso episodio, il capitano della Discovery appariva come un machiavellico dominatore intento a orchestrare qualcosa di losco, con la complicità del capo della sicurezza Landry, un progetto che vedeva la strana creatura recuperata sulla Glenn al centro dei suoi pensieri. Il coltello del macellaio non si cura delle lacrime dell’agnello sviluppa questo istante, con Lorca che si confida con Burnham e le rivela come vorrebbe scoprire i segreti che hanno consentito alla creatura di sconfiggere i Klingon, tramutando la conoscenza in un’arma.

Jason Isaac è perfetto in questo ruolo incredibilmente complesso. Solitamente i capitani della Flotta stellare ci vengono presentati come estremamente positivi, e i rari errori sono sempre commessi in buona fede; Lorca è pragmatico, dispotico, tutto per lui deve avere uno scopo, e la Discovery è il suo universo, dove conta solo la sua volontà. Emblematico e ben gestito il conflittuale rapporto con Stamets, l’astromicologo responsabile del ‘progetto segreto’ a bordo della sua nave, e il ritratto di Lorca è preciso, magnetico. È un capitano da tempi difficili, in grado di prendere decisioni estreme, pronto a rischiare (come dimostra nella puntata) e senza tentennare mai. Per me, è il punto forte della serie finora.

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Ma tutto questo deve fare i conti con alcuni difetti. Di cui piuttosto voluminoso.

Anzitutto, ogni volta che i Klingon compaiono in Star Trek Discovery non fanno che dare prova di come questi non siano i figli di Qo’noS che abbiamo sempre conosciuto. Il loro nuovo leader, Voq, è quanto di meno klingon si possa immaginare. Senza carisma, più mosso dalle circostanze e da personaggi più influenti di lui che guida di una frangia di Klingon intenzionati a riportare l’Impero ai fasti di un tempo.

Quando ritroviamo Voq e la nave sarcofago del defunto T’kuvma sono passati sei mesi, e in questo lasso di tempo i sopravvissuti allo scontro hanno lottato per restare in vita, saccheggiando i resti delle navi coinvolte dalla battaglia della stella binaria. Sei mesi, senza che nessuno venisse in loro soccorso, ed improvvisamente arrivano degli inattesi aiuti, giusto per minare ancora di più la leadership di Voq. Insomma, la story line dei Klingon convince poco al momento, oltre a dare una visione sempre più distante da quella dei Klingon che abbiamo sempre amato.

Il vero problema però è a bordo della Discovery. Burnham è incaricata di scoprire come trasformare l’insolito, letale, micidiale animale in un’arma. Ma in realtà scopre che può diventare una risorsa per il progetto del motore a spore. Certo, per farlo assistiamo alla morte più prevedibile e inutile che si possa immaginare, una cosa che manco Martin si degnerebbe di scrivere. Landry, un personaggio che avrebbe potuto essere molto importante per gli equilibri a bordo della Discovery, muore in un inutile, incredibilmente stupido tentativo di amputare un arto della bestia. Ma perché?

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Tra l’altro, noi pensavamo che fosse una creatura incredibilmente letale, ma Burnham scopre che in realtà è un gigantesco acaro che viaggia per il cosmo viaggiando sull’autostrada delle spore. E quindi, visto che per farlo, si nutre di spore, perché non usarlo per spostare la Discovery nello spazio? Ma vuoi vedere che la Bunrham ha letto Dune, e ha riconosciuto un Navigatore della Gilda? La somiglianza tra la creatura di Star Trek Discovery e i mutanti di Herbert è incredibilmente forte, al posto del Melange ci sono le spore, ma il meccanismo e la dinamica del viaggio è la medesima.

Se già in Il contesto è per i re la teoria del motore a spore sembrava piuttosto ridicola, con questa mossa di trasformare il mostro in povero animaletto usato come supercomputer per compiere il balzo sulle spore diventa insostenibile. Una delle peggiori trovate che si possa immaginare, per un serial come Star Trek Discovery che vorrebbe riportare il brand ad una dimensione consona alla sua storia.

Chi è cresciuto con Star Trek è abituato a vedere questa ambientazione come il più realistico e possibile dei futuri, grazie ad un approccio votato più alla scienza che alla fantasia, sempre con una certa dose di tecnochiacchiere che avessero una buona credibilità. Accettare passivamente questo motore a spore mina la credibilità stessa di un prodotto che dovrebbe portare il nome di Star Trek, ma che in realtà sembra ridicolizzarlo.

Ci son appassionati che sembrano osannare questo Star Trek Discovery come un vero prodotto della saga. La realtà è che pur avendo qualche lato positivo, Discovery ha sempre meno di Star Trek, e la difesa ad oltranza di quanto finora visto sembra nascere più da un’astinenza di storie ispirate all’universo di Star Trek che non di voglia di veder il mito dell’universo di Gene Roddenberry mostrare il proprio immenso potenziale.

La speranza, ormai fievole, è che il quinto episodio di Star Trek Discovery settimana prossima possa invertire la tendenza e mostrare qualcosa che finalmente abbia non solo il nome, ma anche l’anima di Star Trek.

Tai nasha no karosha