Uscito da poco nelle sale italiane, Thor: Love and Thunder è subito balzato in vetta la box office nostrano. Il seguito di Thor: Ragnarok (2017), e anche di Avengers: End Game (2019), dove avevamo lasciato il vichingo dello spazio in compagnia dei Guardiani della galassia, è approdato in casa Marvel / Disney ad opera ancora una volta del regista e sceneggiatore neozelandese Taika Waititi.
La recensione di Thor: Love and Thunder
Come il suo predecessore, Thor: Love and Thunder si discosta sempre di più dai toni shakespeariani del primo film sul Dio norreno di Kennet Branagh, virando su una chiave sempre più comica e demenziale.
Lo spostamento verso i toni della commedia all’interno del Marvel Cinematic Universe, a dire il vero, è ormai una costante, ancor di più da quando, alla corte del produttore Kevin Feige, sono approdati due autori come James Gunn e Taika Waititi. Se il primo, con Guardiani della galassia (2014) ha di fatto aperto le porte dell’ilarità, il regista e sceneggiatore neozelandese ha deciso di premere sull’acceleratore della demenzialità con Thor: Ragnarok prima, e con Thor: Love and Thunder ora, e forse, in quest’ultimo caso, ha superato il limite (anche se di poco).
Partendo da un vecchio video presente nel web, e ispirandosi ai fumetti, l’ultima avventura del Dio del tuono, o zio del tuono, se volete assecondare il Gran Maestro Jeff Goldblum, è, a tutti gli effetti, una commedia fantasy con sprazzi di romanticismo e qualche punta di Horror.
L’orrore, per usare un’espressione di Korg, (doppiato in originale dallo stesso Taika Waititi), ormai amico fidato del Dio norreno, viene canalizzato dal personaggio di Gorr, il macellatore di Dei, interpretato da Christian Bale, il quale, entrato in possesso della Necrospada, un’arma, guarda caso, ammazza Dei, giura di vendicarsi del proprio Dio Rapu, colpevole di non aver salvato la figlia dalla morte, dichiarando guerra a tutti gli dei del Pantheon del universo Marvel. Del resto, da uno che ha l’epiteto di macellatore di Dei, cosa potevate aspettarvi?
E il romanticismo invece? Be, direte voi, quello lo porta Jane Foster (Natalie Portman), vero, ma non del tutto. A farla da padrone in questo film, sotto l’aspetto romantico, non è la classica storia d’amore tra l’eroe e la bella, che nel frattempo si è trasformata anch’essa in una eroina, ma un triangolo amoroso tra Thor, la sua nuova arma Stormbreaker, e il suo vecchio martello Mjolnir. Un triangolo così non l’avevo considerato, come direbbe Renato Zero, ma nella mente di Taika Waititi è perfettamente plausibile.
I momenti più esilaranti, insieme alle capre urlanti, sono i siparietti di gelosia che prova Stormbreaker nei confonti dell’amore / arma ritrovata Mjolnir. Il martello di Thor, distrutto dalla sorellastra Hela (Cate Blanchett) in Thor Ragnarok, si ricompatta quando Jane scopre di essere malata di cancro e, in un ultimo tentativo disperato di salvezza, si affida alla mitologia per riuscire dove la medicina sembra fallire.
Grazie all’arma, Jane diventa la Potente Thor e, con gli stessi poteri dell’ex fidanzato, è pronta a schierarsi con lui, Valchiria (Tessa Thompson) e Korg, per sconfiggere il macellatore di dei resosi, nel frattempo, colpevole di aver rapito i bambini di Nuova Asgard. E qui sentiamo una fortissima puzza di trappola.
In quattro contro uno, però, non è sufficientemente sbilanciato a favore di Thor, che decide quindi di recarsi nella citta degli Dei, Omnipotence City, per chiedere a Zeus, interpretato da un Russel Crowe che a dirla tutta ricorda più Beppe Grillo, di creare un esercito di Dei per fermare Gorr.
Qui il portavoce degli Dei si mostra reticente all’idea di Thor, ormai avvezzo alla bella vita e per nulla preoccupato dalla minaccia incombente. Messo alle corde, il figlio di Odino, si trova costretto a sfidare Zeus, riuscendo ad entrare in possesso della saetta, l’arma del Dio greco (no, in questo caso Stormbreaker non impazzisce di gelosia, ed il motivo è celato nella mente di Taika Waititi).
Thor: Love and Thunder si dimostra ancora più dissacrante, demenziale e colorato del precedente Thor: Ragnarok, enfatizzando il più possibile la componete anni ’80 presente nella pellicola, anche per quanto riguarda la colonna sonora. Se nel precedente capitolo firmato Waititi a farla da padrone erano i Led Zeppelin, qui troviamo i Guns N’ Roses presenti con ben 4 brani e citati all’interno del film: uno dei bambini di Asgard si fa chiamare Axel, in onore del leader della band, oltre ad avere un poster in camera dei Roses.
Nonostante il clima leggero e spensierato, il film, cerca anche di affrontare un tema delicato come quello della perdita. Il villain Gorr è mosso dalla perdita della figlia, Thor è frustrato e al limite della depressione dopo aver perso l’intera famiglia, compreso il fratellastro Loki (Tom Hiddleston), morto per ben tre volte nel MCU, e dopo la fine della relazione con Jane. Anche la scienziata e nuova Thor è alle prese con la possibile perdita della propria vita, a causa della malattia.
Tutto ciò, però, non impedisce alle quasi due ore di durata di scorrere via lisce, all’insegna del puro intrattenimento e spensieratezza che sono croce e delizia dei film Marvel.
La regia di Waititi è curata e visivamente il film centra l’obbiettivo. Il mondo colorato, in pieno stile anni ’80, nel quale si muovono i personaggi positivi del film è contro bilanciato dal mondo letteralmente in bianco e nero dove dimora il villain, Gorr.
Un po’ zoppicante lo script, a opera dello stesso Waititi e Jennifer Kaytin Robinson. Alcune scelte fatte dai personaggi risultano leggermente forzate e troppo funzionali alla trama, come ad esempio il cambio di scelta compiuta da Gorr, nel finale, che di fatto completa il suo arco narrativo ma lo fa in maniera troppo frettolosa e in antitesi con quanto mostrato fino a quel momento dal personaggio. Anche la facilità con la quale certi personaggi acquisiscono abilità in battaglia risulta forzata, ma certe forzature sono un piccolo scotto da pagare per assoggettare la vena comica di Taika Waititi al volere del produttore Kevin Feige, vero e proprio deux ex machina dei film Marvel.
Non raggiungiamo quindi i livelli del precedente Thor: Ragnarok, ma Thor: Love and Thunder resta un film godibile e divertente confermando che forse la strada giusta da percorre per il futuro del Marvel Cinematic Universe è quella tracciata da James Gunn e Taika Waititi.