Luc Besson torna al cinema con Valerian e la Città dei Mille Pianeti, film di fantascienza ispirato al celebre fumetto Valerian et Laureline
Ancora una volta, un fumetto approda al cinema. Abituati a vedere quasi sempre pellicole ispirate ai comics americani, la speranza di vedere un film che sapesse trasportare in modo adeguato lo spirito dell’opera originale era stata affidata al talento di Luc Besson, investendo il suo Valerian e la Città dei mille pianeti di una missione tutt’altro che semplice.
Quando ho saputo che Besson avrebbe portato sul grande schermo Valerian et Laureline ho avuto un attimo di esaltazione. Il cineasta francese aveva già dato ottima mostra del suo talento visionario con Il quinto elemento, altra pellicola influenzata dal mondo dei comics. Nel caso di Valerian e la Città dei Mille Pianeti, però, Besson avrebbe attinto anche al suo bagaglio di lettore, visto che l’opera di partenza è un cavallo di battaglia del fumetto francese (primo albo, 1968).
Valerian e Laureline sono due agenti governativi dell’anno 2740, incaricati di proteggere la Terra e l’universo da qualsiasi minaccia. Seguendo questa loro missione, su ordine del direttore Filit (interpretato da Clive Owen), i due devono recarsi sulla stazione di Alpha, nota come la Città dei Mille Pianeti. Su questa immensa stazione spaziale vivono infatti milioni di esseri viventi di specie diverse, in un melting pot futuristico che sembra voler puntare il dito contro le difficoltà attuali di convivenza.
Già nella sua vita cartacea, Valerian et Laureline aveva cercato di portare tematiche sociali di forte impatto (Mezieres e Christilin realizzarono il primo albo nel ’68) e questa impronta deve essere rimasta ben radicata nel giovane Besson, che da anni spera di realizzare il sogno di portare al cinema il suo fumetto preferito.
Ma gli spettatori di oggi, sono ricettivi a queste tematiche? Tematiche come integrazione, convivenza ed ambientalismo, possono essere un richiamo per spettatori (spesso giovani) abitutati ad un cinema iperdinamico e adrenalinico? Sul mercato americano la risposta è stata negativa. La natia Francia ha risposto in modo ancora peggiore, e l’Europa sembra non concepire un film ad alto budget stile americano ma dall’emotività europea. L’anima complicata di Valerian si è ritorta contro il film stesso.
Dal punto di vista puramente visivo, Valerian e la Città dei Mille Pianeti è uno spettacolo per gli occhi. La sequenza della nascita di Alpha, con la colonna sonora di Space Oddity di David Bowie (che mi è sembrato fosse integrale!) è uno dei picchi emotivi più forti dell’ultimo periodo. Personalmente, mi ha fatto emozionare come a suo tempo la prima visione del balletto spaziale di 2001 Odissea nello spazio sulle note di Strauss.
Alpha, ed in generale tutto il film, sono spettacolari, grazie ad un accorto ed appassionato uso di ogni tecnologia disponibile (a cui contribuisce la IL&M), con un 3D che raramente è stato usato così oculatamente in passato.
I problemi sugli altri aspetti del film. Valerian ha il volto di Dane deHaan, attore che ha mostrato un talento non da poco in Chronicles di Trank, ma che poi ha raramente saputo bissare questa verve, e Valerian e la Città dei Mille Pianeti non fa eccezione. A volte sembra lui stesso poco convinto del suo ruolo, poco incisivo, non aiutato da certo da alcuni passaggi nei dialoghi che sembrano fuori luogo, con un vocabolario che se appare già datato per il pubblico odierno, sembra totalmente fuori luogo fra 700 anni!
Cara Delevingne è ancora una volta alle prese con un’esperienza da attrice. Se vent’anni fa Besson aveva portato la Jovovich nel mondo del cinema in Il quinto elemento, a questo giro prende una modella che ha già tentato questa strada (vedere Suicide Squad, se proprio amate il rischio). Nonostante come attrice abbia ancora molto da migliorare, la Delevingne sembra aver un miglior apporto alla pellicola del suo collega, arrivando a riempire la scena in alcuni momenti.
In Valerian e la Città dei Mille Pianeti Besson ha lasciato che fosse più l’appassionato a guidare il regista, che non il regista a controllare l’appassionato. La sua passione per l’opera originale ha fatto sì che il suo volere dare una vita su pellicola a Valerian et Laureline lo portasse ad arricchire il film di tanti, troppi temi, che si sono sovrapposti al punto di introdurre lunghe sessioni di pesanti dialoghi che spezzano in modo inadatto il ritmo del film. La presenza di camei di tutto rispetto (da Rihanna a Herbie Hancock fino al leggendario Rutger Hauer) non riesce a dare al film una maggior profondità, che nemmeno lo spettacolo visivo riesce a compensare.
Peccato, lo dico sinceramente. Besson ha lasciato che il cuore lo guidasse, più che la comprensione di come attirare lo spettatore e tenerlo incollato allo schermo puntando sulla curiosità. Il suo Valerian non ha abbastanza magnetismo, vuole raccontare troppo senza focalizzarsi su un qualcosa di preciso, resta nebuloso e non approfondisce, vuole stupire la vista ma non riesce a toccare l’anima con qualcosa di particolare.
Ribadisco, peccato, perché raccontare con passione una propria visione è un’occasione più unica che rara, ma bisogna saper catturare lo spettatore.
Piccola nota personale, inserita sull’eterna diatriba sul rispetto del fumetto originale. Il comic è Valerian et Laurelin perché la coppia è ugualmente protagonista, ha un equilibrio tra i due personaggi che è sempre rispettato e mai tradito. Besson con Valerian e la Città dei Mille Pianeti già priva il suo racconto di uno dei cardini di questo mondo, venendo curiosamente punito in fase di realizzazione, dove la Laureline di Cara Delevingne ruba spesso la scena a deHaan.
Nonostante questi difetti di impostazione, Valerian e la Città dei Mille Pianeti merita di essere visto, perché l’emotività di Besson trapela, il suo gusto e il suo amore per i personaggi non svanisce, a patto che lo spettatore non si aspetti un film dalla trama intensa ma semplicemente chieda un’evasione dalla quotidianità. In questo caso, Valerian e Laureline saranno degli ottimi compagni di viaggio!